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02/02/2021

L’impopolare Matteo Renzi

Livio Gigliuto, Vicepresidente dell'Istituto Piepoli, intervistato da Domenico Bonaventura su Il Riformista, prova a spiegare la strategia di Matteo Renzi.

Ce lo siamo chiesti in tanti, sin dall’inizio di questa crisi e anche prima. Cosa cerca Renzi? A cosa punta Renzi? Che obiettivo ha Renzi?

Analisti e osservatori si sono divertiti e impegnati a elaborare teorie spesso ingegnose circa gli scopi reali dell’ex presidente del Consiglio, il cui operato ha portato alla crisi politica, prima, e a quella di governo, poi, con le dimissioni di Giuseppe Conte. «Ma la verità è che tutti lo ricordiamo come il prototipo della politica del futuro, come il prodotto della vocazione maggioritaria e del post-veltronismo. In realtà, Renzi oggi dobbiamo a mio avviso vederlo con un’altra lente, da un’altra prospettiva», sostiene Livio Gigliuto, Vicepresidente di Istituto Piepoli e direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Comunicazione Digitale (Istituto Piepoli e PA Social).

«Questa sua vocazione maggioritaria postveltroniana – prosegue Gigliuto – lo portava a voler fagocitare consenso. Il suo obiettivo era quello di piacere e di parlare al 50%+1 della popolazione. Ce lo ricordiamo, no?, quando, non senza causare polemiche a sinistra, diceva che bisognava parlare anche agli elettori di Centrodestra? A quel tempo, e anche nel periodo delle primarie perse contro Bersani, l’ex rottamatore godeva di un consenso personale molto elevato, di circa il 60%. Renzi piaceva a tutti, e quello era il suo obiettivo. Difatti, un anno e mezzo dopo portò il Pd al 40%. Bene, quello scopo di ottenere la legittimazione popolare, che era quasi un’ossessione, dal referendum in poi è svanito».

Bisogna cominciare a osservarlo, quindi, tenendo in considerazione massima questi punti: popolarità crollata e obiettivi modificati. Oggi, in pratica, Renzi parla a pochi. Pochi ma fidelizzatissimi. «Proprio così. Oggi punta a compattare un pezzo anche piccolo di opinione pubblica per cui essere guida, riferimento. In questo periodo di crisi politica sfociata in crisi di governo, il consenso personale di Renzi è sceso fino al 10%, in una classifica in cui Conte è al 60%, Zingaretti al 30%, Berlusconi al 15-16%», prosegue Gigliuto, che per FrancoAngeli ha da poco pubblicato «L’Opinione degli italiani nel primo ventennio degli anni 2000», scritto con Nicola Piepoli. «Proprio con Berlusconi, Renzi ha grandi affinità da questo punto di vista: fiducia che parte bassa, arriva altissima e poi scende e si stabilizza». Come il Cavaliere, cioè, anche Renzi ha un consenso personale non elevato, ma garantito da veri e propri tifosi. «L’elettorato di Renzi è molto fidelizzato, così come quello di Forza Italia, anche se, in caso di elezioni, gli azzurri si garantirebbero un’autosufficienza elettorale che Italia Viva non ha».

E dunque, dove si ravvisa l’utilità di muovere così tanto le acque? «Sta tutto nel suo cambio di strategia. Dalla necessità di ottenere consenso a quella di posizionarsi, com’era avvenuto per Berlusconi. Passata l’ambizione di piacere a tantissimi, ora Renzi vuole tutelare e motivare quella quota di elettori che lo riconosce come leader. Per questa ragione è condannato a tenere i toni alti, a provare a dettare l’agenda. Cosa che, tra l’altro, gli riesce piuttosto bene, anche per il ruolo indubbiamente pesante che il suo partito gioca in Parlamento».

A ciò si deve il suo continuo richiamo alla dicotomia politica Vs social, argomenti Vs post, temi impopolari Vs consenso a buon mercato. «La sua struttura retorica è spesso infarcita del concetto di “argomenti impopolari”, come se ormai sapesse di non poter piacere a tutti. Insomma, un approccio meno consenso-centrico e più orientato alla strategia. In questo modo, Renzi riesce a tenere sé stesso e il suo partito al centro del dibattito, molto più di quanto non accada per altri partiti».

Il tutto, però, sembra non essere una scelta, bensì una necessità. «Già, e prima o poi dovrà cercare di passare all’incasso. In quel momento – chiude Livio Gigliuto -, il suo posizionamento ben definito sarà per lui una situazione di vantaggio».

Domenico Bonaventura per il Riformista