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13/10/2020

Un partito del Presidente Conte?

Il gradimento del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è alle stelle (70% dell'apprezzamento fra le varie anime dell'Opinione), ma un suo partito potrebbe non tradurlo in voto.

Messe in archivio le regionali e stabilizzato (un pochino) il governo, il dibattito politico torna a cibarsi di numeri. Tradotto: di sondaggi.

Nella fattispecie, al centro della discussione rientra, dalla porta principale, l’ipotesi della creazione di un partito che faccia capo al Presidente del Consiglio. Ne abbiamo parlato con Livio Gigliuto, Vice Presidente di Istituto Piepoli e direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Comunicazione digitale (Istituto Piepoli-PA Social). Gigliuto mette immediatamente in guardia, appunto, dalla “forbice” – termine da maratona di exit poll – tra il gradimento nei confronti di un leader politico e il peso che potrebbe avere una sua futuribile creatura.

Partiamo dai dati. Lo sappiamo, è un tema che abbiamo abbondantemente sviscerato: il gradimento per Giuseppe Conte è alle stelle. “Intorno al 70% – conferma Gigliuto -, ed è un gradimento abbastanza omogeneo. Arriva, cioè, dalle varie anime dell’Opinione. Conte non è divisivo e polarizzante come ad esempio lo sono stati Berlusconi, Renzi, Salvini. Certamente riscontra apprezzamento nell’elettorato di Centrosinistra e in quello del M5S, ma buone percentuali arrivano anche dall’elettorato di Centrodestra. Insomma, un profilo molto trasversale, che, volendo fare un parallelo, potrebbe essere accostato a quello di Gentiloni: non un capopopolo, ma un leader politico in grado comunque di arrivare a un buon livello di fiducia”.

Se il gradimento, dunque, è del 70%, quanto potrebbe pesare un eventuale partito? È il tema su cui politici, analisti e sondaggisti si stanno scapicollando. Partendo dal presupposto che solo Luca Zaia e Vincenzo De Luca sono riusciti a tradurre il gradimento in voto (ma non per un partito), Gigliuto mantiene la comprensibile strada della prudenza. “Delle stime si possono anche fare, ma ci sono un paio di fattori da affermare in premessa. Il primo lo abbiamo detto: per i partiti personalistici c’è in genere differenza tra i numeri abnormi che spesso si raggiungono nelle rilevazioni sulla popolarità e quelli che invece poi arrivano dal voto.  Ciò vale in particolare per i partiti personalistici, privi di una struttura, che puntano tutto sulla personalità del loro leader”. In sostanza, dire che una personalità politica piace non costa molto. Il difficile viene quando bisogna fare una croce sul simbolo.

“Il secondo fattore riguarda il pregresso. Quando andiamo ad analizzare le intenzioni di voto riguardo a un partito, abbiamo comunque uno “storico” di riferimento, un archivio: la cosiddetta media mobile. Cosa che su un partito in embrione naturalmente non esiste. Per cui pesarlo, dimensionarlo, diventa doppiamente complicato”.

Politicamente e strategicamente, l’eventualità che Conte possa lanciare un suo partito dipende forse anche dall’esito dell’Opa lanciata da Alessandro Di Battista sul M5S. “Certo, ma non solo”, prosegue Livio Gigliuto, che venerdì sarà tra i relatori, a Perugia, degli Stati Generali sulla Nuova Comunicazione pubblica, organizzati da PA Social. “Questo incastro determinerà anche il target elettorale di riferimento. Perché una cosa è certa, bisognerà capire cos’è il M5S, se quel movimento originario – e in tal caso forse Di Battista sarebbe il leader designato – o un partito dal profilo più istituzionale.

Nel secondo caso, è chiaro invece che Conte potrebbe fungere da aggregatore, andando a pescare nel mare dei cosiddetti moderati, dove però già nuotano Forza Italia, Italia Viva, Azione e l’anima centrista del Partito democratico”.

Di percentuali, però, Gigliuto non ne azzarda. “La lettura giusta – chiude – è dire che, nel momento in cui nasce, quel partito ha l’attenzione e la disponibilità di una ‘percentuale X’ di cittadini”.

Nell’urna, poi, è tutta un’altra storia. Lì dentro Dio ti vede, Stalin no.

 

Domenico Bonaventura per il Riformista